il nostro metodo

Le persone con disabilità non sono semplicemente “malati da guarire” o da “assistere quando la guarigione non è più possibile”.

Ma nemmeno si può dire che tra le persone con disabilità e le altre non vi siano differenze poiché una persona con disabilità affronta importanti difficoltà di interazione e adattamento tra le proprie caratteristiche e il suo ambiente di riferimento.

Nel 2001, è l’Organizzazione Mondiale della Sanità ad indurre di abbandonare l’approccio medico in favore dell’approccio bio-psico-sociale; acquisendo un significativo cambiamento di prospettiva:

  • le persone con disabilità sono cittadini con abilità e competenze da valorizzare;
  • le persone con disabilità vivono discriminazioni e mancanza di pari opportunità;
  • il trattamento più efficace è l’inclusione sociale

 

Il processo di PRESA IN CARICO, quindi, non riflette più soltanto il bisogno di “curare”, “assistere”, “sostenere”, “prendersi cura”. Esso implica un impegno più diffuso che va oltre l’intervento diretto alla persona e richiede un’azione di cura indirizzata alla comunità, all’ambiente sociale di cui la persona è parte. Curare la comunità diventa essenziale per promuovere il diritto delle persone con disabilità ad essere cittadini a tutti gli effetti, senza discriminazioni e con uguali opportunità rispetto a tutti gli altri.

Presa in carico significa non solo erogare servizi ma accompagnare e condividere, orientare e sostenere in una visione complessiva e non parcellizzata nella quale la famiglia e la persona con disabilità siano al centro di un progetto condiviso con l’Ente Gestore Pubblico e finalizzato alla realizzazione di un percorso.

Il fine diventa, allora, quello di promuovere condizioni di vita dignitose e un sistema di relazioni soddisfacenti nei riguardi di persone che presentano difficoltà nella propria autonomia personale e sociale, in modo che esse possano sentirsi parte di contesti relazionali dove poter agire, scegliere, giocare e vedere riconosciuti il proprio ruolo e la propria identità.

L’approccio teorico si esplicita nella definizione di un PROGETTO DI VITA che tenga al centro i bisogni di ogni singola persona e si proponga di integrare gli aspetti sociali, sanitari, relazionali in una visione coerente e funzionale.

In Anffas mettiamo la “persona al centro” delle nostre intenzioni e ciò significa che essa non è solo oggetto del sistema di prestazioni e risposte, ma anche soggetto che collabora, partecipa, compie delle scelte sul suo processo di inclusione sociale, anche laddove la gravità della compromissione del quadro clinico o comportamentale è di notevole entità.

Il protagonismo della persona con disabilità nella definizione del suo progetto individuale rappresenta, contemporaneamente, elemento irrinunciabile ed elemento critico nel processo di presa in carico, così come il coinvolgimento e la partecipazione al progetto da parte della famiglia. Il rapporto tra famiglie e servizi è un nodo cruciale di tutto il processo di presa in carico della persona con disabilità e, in particolare, nel presidio del progetto individuale.

La dimensione del progetto individuale deve essere globale: deve tener conto dei bisogni della persona, delle risorse necessarie, ma anche di tutti gli ambiti di vita e di tutte le opportunità che la persona può incontrare.

Ne consegue che qualsiasi singolo intervento non possa più ritenersi, da solo, risolutivo. Ogni ambito di intervento concorre a promuovere il benessere della persona con disabilità, condizione che non può esser relegata o ridotta ad un’unica dimensione ma richiede la possibilità di vivere una vita ricca di significative esperienze da realizzarsi in più contesti.

Il progetto individuale, in questo senso, non può che essere la risultante di uno sforzo congiunto di più responsabilità e di un “incrocio di sguardi” che sappia restituire la complessità di ogni singolo. Uno strumento unico e dinamico che segue l’evoluzione dei bisogni e delle risposte per l’intero arco della vita della persona.